La leggenda

C’era una volta un ricchissimo Principe indiano. Le sue ricchezze erano tali che nulla gli mancava ed ogni suo desiderio poteva essere esaudito. Mancandogli però in tal modo proprio ciò che l’uomo comune spesso ha, ovvero la bramosia verso un desiderio inesaudibile, il Principe trascorreva le giornate nell’ozio e nella noia. Un giorno, stanco di tanta inerzia, annunciò a tutti che avrebbe donato qualunque cosa richiesta a colui che fosse riuscito a farlo divertire nuovamente. A corte si presentò uno stuolo di personaggi d’ogni genere, eruditi saggi e stravaganti fachiri, improbabili maghi e spericolati saltimbanchi, sfarzosi nobili e zotici plebei, ma nessuno riuscì a rallegrare l’annoiato Principe. Finché si fece avanti un mercante, famoso per le sue invenzioni. Aprì una scatola, estrasse una tavola con disegnate alternatamente 64 caselle bianche e nere, vi appoggiò sopra 32 figure di legno variamente intagliate, e si rivolse al nobile reggente: “Vi porgo i miei omaggi o potentissimo Signore, nonchè questo gioco di mia modesta invenzione. L’ho chiamato il gioco degli scacchi”.

Il Principe guardò perplesso il mercante e gli chiese spiegazioni sulle regole. Il mercante gliele mostrò, sconfiggendolo in una partita dimostrativa. Punto sull’orgoglio il Principe chiese la rivincita, perdendo nuovamente. Fu alla quarta sconfitta consecutiva che capì il genio del mercante, accorgendosi per giunta che non provava più noia ma un gran divertimento! Memore della sua promessa, chiese all’inventore di tale sublime gioco quale ricompensa desiderasse. Il mercante, con aria dimessa, chiese un chicco di grano per la prima casella della scacchiera, due chicchi per la seconda, quattro chicchi per la terza, e via a raddoppiare fino all’ultima casella. Stupito da tanta modestia, il Principe diede ordine affinché la richiesta del mercante venisse subito esaudita. Gli scribi di corte si apprestarono a fare i conti, ma dopo qualche calcolo la meraviglia si stampò sui loro volti. Il risultato finale, infatti, era uguale alla quantità di grano ottenibile coltivando una superficie più grande della stessa Terra! Non potendo materialmente esaudire la richiesta dell’esoso mercante e non potendo neppure sottrarsi alla parola data, il Principe diede ordine di giustiziare immediatamente l’inventore degli scacchi.

In effetti il numero di chicchi risultante è di (2^64)-1 (due alla sessantaquattro meno uno), pari ad un numero esorbitante, cioè a 18.446.744.073.709.551.615.

Le origini

In realtà, le origini degli scacchi si perdono nella notte dei tempi, e per questo motivo, probabilmente, nessuno potrà mai dire con certezza dove e quando furono inventati. Esistono varie teorie ma, secondo l’ipotesi più accreditata, il gioco ebbe origine in India con il nome di Chaturanga; nel corso dei secoli, si sarebbe poi diffuso in Persia ed in altre regioni asiatiche. L’espressione scacco matto, infatti, che negli scacchi indica il termine della partita con la sconfitta del giocatore che lo subisce, non ha nulla a che vedere con la follia, ma sembra essere legato al termine persiano Shah-mat, ovvero “il Re è morto”. Durante la sua diffusione, il gioco subì alcuni mutamenti, sia per quanto riguarda i pezzi (che avevano nomi e regole di movimento diversi da quelli degli scacchi moderni) sia per ciò che concerne il nome stesso del gioco, in base al luogo di adozione. In Europa giunsero attorno all’anno 1000, probabilmente grazie alla mediazione degli Arabi; diffusisi nell’intero continente, hanno raggiunto una forma pressoché moderna nel XV secolo in Italia e in Spagna, mentre l’attuale regolamento risale al XIX secolo.